mercoledì 23 luglio 2008

Note dal bosco


Ieri sera con Herrkomm si è fatto il pieno alla Gagiusmax e, con un'ora di viaggio, si è giunti in quel di Cattolica per assistere al concerto di Giovanni Allevi e i Virtuosi Italiani all'Arena della Regina (chissà perchè le località della costa riminese han mantenuto i toponimi sabaudi. Mah...). Di Allevi sapevo (e so) poco o niente, ho visto qualche intervista in televisione e sentito qualche pezzo in qua e in là, e comunque quel poco o niente mi sembrava interessante abbastanza da giustificare la trasferta. Al mio arrivo, molte persone stanno prendendo posto: c'è un numero esagerato di ragazzine e baldi giovinotti, e comincio a temere di aver investito male il mio tempo e il mio denaro, va a finire che mi annoio, va finire che questo qua è una sorta di tizianoferro, va a finire che ...
Tra le manifestazioni d'estasi delle suddette fanciulle, caracolla finalmente in scena un giovane uomo in felpa-con-cappuccio- jeans-allstar, tutto rigorosamente black version, un nembo di scuri capelli ricci e occhiali cerchiati in nero che, tenendo tra le mani il più classico dei microfoni a gelato, inizia a parlare con una vocina esile esile e veloce veloce, come se il dover parlare a tanta gente costasse uno sforzo che è meglio far durare il meno possibile. Forse non si trova ancora a suo agio su questo palco, in questa serata freddolina, ventosa e striata di nubi, con tutta quella gente che lui sa esserci, ma che non riesce a vedere tra i fasci di luce delle decine di riflettori che rovesciano su di lui i loro colori. Caro Allevi, non mi sento molto a mio agio neppure io. Qualche sera fa, durante uno degli aperitivi che riuniscono a cadenza quasi settimanale le quattro Grazie del Collettivo Dinomeneghin, avevo buttato là un "Ho preso i biglietti per il concerto di Allevi" ed era partita una discussione che riuniva in confronto tra loro Stephen Schlaks (sob), Stefano Bollani e il suddetto che non aveva raccolto poi molti consensi. Per dirla in breve, io son lì, in platea, tremebonda e dubbiosa, che aspetto l'inizio del concerto; lui là, sul palco, con la sua vocina in soffio che racconta dei suoi inizi e del raggio di sole che in un lontano mattino gli aveva fatto nascere in testa una musica e poi, curvo sulla tastiera, fa partire quella stessa musica, e la sua diteggiatura urgente ha suonato note che non stavano su pentagramma ma su pellicola, immagini e non battute, respiri e sensazioni, non pause e movimenti. Noi dalla platea stiamo assistendo non a un concerto, ma a una specie di esperimento alla Frankenstein Junior nel quale energie vengono trasfuse dall'omino avvongolàto sul panchetto ai tasti del piano a coda. Mi prende il panico, non so mica se sono in grado di comprendere questo dialogo serrato e personale tra l'Ascolano e il suo strumento, io avevo comprato il biglietto per un concerto di musica e questo NON è, o non è solo, un concerto di musica. Sono lì, seduta su una poltroncina di una scomodità micidiale, ho freddo e mi sento esclusa. Passano i brani e vedo intorno a me ragazzine in lacrime abbracciarsi tra loro e sospirare, e non riesco a capire perché: devo essere entrata ufficialmente nella Matusalemmaggine. Decido infine di stracicciarmene, noi Matusa non saremo gggiòvani, ma abbiamo esperienza da vendere, vèmòlè se non riesco IO a capire tutto e meglio di queste squinzie idolatranti! Sta per assalirmi la Tigna Major, quando l'omino ricciuto attacca "Aria": era ora, un pezzo che conosco. E, finalmente, scopro il segreto: segui le note e il loro scorrere (go with the flow, si diceva...), rilassati, ascolta e non porti problemi, questa è musica, non un trattato di composizione, godine quello che puoi, sei lì per questo. Ecco la chiave, chiudi gli occhi e parti. Se non son note ma immagini, lascia liberi i tuoi pensieri di scoprirle o di reinventarle a loro modo. Il gioco di rincorrere visioni musicali si rafforza con l'entrata in scena dell'orchestra, e sul finale, quando vedo tra le note i trecento anelli dell'abete-Allevi, con la targhetta in bronzo riportante la sua dichiarazione di appartenenza al Grillo Sonante, posso dire finalmente che il genio dell'Entusiasmo è venuto a farmi visita. Nei meandri della mia mente, la mia immagine cammina in mezzo a un bosco di abeti che parlano anche a me. Non so se ho compreso, e poco importa, perché non sono più esclusa....

lunedì 21 luglio 2008

Cuckoo Cocoon, have I come to, too soon for you?

Se un brutto giorno la Morte Nasona (1)

si avvicinasse alla mia persona

ed un primario dal camice bianco

scuotendo il capo con ciondolìo stanco

dicesse a tutti: Signori miei cari,

non ci son cure, a noi sanitari

del quadro clinico le risultanze

dicono che non ci son più speranze,

vi lascio detto, in tutta coscienza,

quello che voglio che accada in mia assenza.


Se sul lettino di un ospedale

mi sdraierò ormai qual vegetale,

io lo so bene, non tra le insalate

ma al Cimitero vorrò mi portiate.

Non mi attaccate ad alcun macchinario,

vieto a chiunque l’imporre il contrario.

Non vorrò sonde, cateteri, tubi,

nulla che a oltranza il Riposo mi rubi,

‘chè se davvero son giunta alla fine,

fate il piacere, staccate le spine.


Se Fisichella, il gran Cardinale

si avvicinasse al mio capezzale,

prego l’Altissimo d’incenerirlo

e d’una saetta la lingua colpirlo.

Se Giulianone trovasse da dire,

questo anatema lo possa investire:

il suo intestino non trovi più sfogo,

muoia per stipsi il gran demagogo.

Dio degli eserciti, su questo il tuo vice

sa ben quel che pensa, ma non quello che dice:


perchè, se dall’alto han deciso ch’io spiri,

sol grazie all’Enel ei vuol ch’io respiri?

Caro Signore, quaggiù sulla terra

il Tuo segretario a Pietà fa la guerra;

mandagli un angelo, un sogno, un copóne (2)

perché capisca ben la situazione:

quando il mio filo la Parca recide

non è un tiarato che il modo decide:

è un mio diritto, se Su mi si chiama,

partire in barba a qualsiasi proclama....


Rael’s Creek, di persona personalmente.

1) Omaggio a Pietro Vanessi

2) Dicasi “copóne” un colpo bastevolmente secco inferto col palmo aperto della mano sul coppetto di colui che si sarà meritato il gesto.