giovedì 27 dicembre 2007

Bentornato!

Ognuno di noi ha un'anima gemella. Amelia ha l'Orco. Tricotico. Che è finalmente a casa, dopo una degenza lunga due mesi, intrappolato nelle maglie della Sanità zitadonese. Le infermiere non lo volevano più lasciare andar via, e questo potrebbe essere di vanto. Il problema era che neanche i dottori volevano liberarlo. Temevamo che ci fossero delle devianze, e invece no. Adesso è a casa. A farsi rimbrottare da Amelia. A farsi spupazzare dalle sue tre piccole puzzole. A volte, la vita è bella.

lunedì 24 dicembre 2007

Pranzi

Già da qualche anno, il giorno di "Santostefano" ho preso la simpatica abitudine di invitare a pranzo tutti i miei parenti (e sottolineo miei, quelli di Herrkomm sono stati esclusi ab initio. Secondo me, han fatto come la regina d'Inghilterra, si sono cambiati il cognome. Una volta si chiamavano Addams). Tra fratelli, nipoti, zie, una nonna, una mamma e affini vari, saremo circa diciotto. Mia madre sta facendo cappelletti da una settimana, e io mi sto arrovellando il cervello per definire un menù che rispetti la tradizione di casa senza per questo dover fare sempre le stesse cose.

Il punto fermo è, rimane e sempre sarà il cappelletto. La ricetta di casa mia, che definire pura zitadonese sarebbe un azzardo, è ben più saporita e colesterolemica rispetto al cappelletto dell'Artusi. E' un trionfo di carni e formaggi, spezie dosate con sapienza e deve essere sapida ma non troppo, per non sopravvalere il sapore del brodo di cappone (ripieno..). Dentro la sfoglia, rigorosamente tirata a mano e non troppo sottile (che quella la lasciamo alle tajatelllle di Alberto Tomba, tanto per quello che ne capisce lui...), familiarizzano il petto di pollo con la braciola di maiale e la mortadella, ma solo quella che abbia fatto parte di un insaccato grande quanto me, perchè quelle piccole non san di niente, e la ricotta di Romagna, assolutamente freschissima, dà di braccio al Parmigiano ben stagionato. Il tutto trova la sua ragion d'essere nella sapiente dose di noce moscata, sale, pepe e buccia di limone grattugiata che insaporisce il compenso. Il bello della "dosatura" di questi ultimi ingredienti è che bisogna procedere (eheheh!!!) a una lunga serie di assaggi. Il sapore del compenso deve conformarsi perfettamente a quello che viene conservato nella propria memoria, un po' come quando si accorda una chitarra. La discussione prandiale verte quindi non già sulla qualità del cappelletto -quelli di mia madre raggiungono sempre l'eccellenza...- ma sulla grandezza. Mentre Nonna Angioletta sostiene una sorta di supremazia dell'anolino che non trova consensi di alcun tipo, HerrKomm proviene da una famiglia per cui il cappelletto più è piccolo, più è buono. Giudizio diametralmente opposto vige in casa mia, e il diktat proviene direttamente da nonno 'ttiglio, il quale sentenziava: Par magnè un caplèt bon, u'ì vo' tri morsg (traduzione della pagina 777: per mangiare un buon cappelletto, ci vogliono tre morsi). Io (e qui si vede che la genetica è una scienza esatta!) sono d'accordo, perchè col cappelletto grande devono essere perfetti il brodo, la pasta e il compenso, in una sorta di grande sinfonia della pasta ripiena...
Altra disquisizione di rito per il pranzo di Santostefano, la mostarda di Cremona. Non esiste più la mostarda di frutta di una volta. In genere troppo dolce, praticamente mai abbastanza senapata, la varietà dei frutti sempre più scarsa. Normalmente, pochi fichi, pochi mandarini e poche ciliege, qualche volta un esecrabile pezzo di ananas; si trovano quasi solo pesche e albicocche, e la quantità del sugo è generalmente scarsa. Pero', vedo che non ne rimane mai... immancabile è il racconto della nonna marescialla, che parte col ricordo della mastellina di legno col suo mestolo, pure quello in legno, che colmi della loro colorata ricchezza facevano bella mostra di sè dal droghiere Tiziocaio, che riservava alla mia mamma l'assaggio della ciliegina di rito. Qualcuno conosce una mostarda che sia davvero piccante? Manco a Cremona l'abbiam trovata....
Insomma, è ora ch'io vada a farcire il cappone, 'chè la pentola lo chiama. Buon Natale! Buon Natale a Sepia e Candide e Amelia. Auguri a Pita, perchè il suo personale inferno le consenta presto di uscire fuori a rimirar le stelle. E auguri a tutti voi, perchè chi ha avuto un brutto 2007 veda la fine di tutti i suoi guai, e chi ha avuto un vecchio anno ben soddisfacente, abbia un 2008 veramente sfavillante.
Auguri!!!

martedì 18 dicembre 2007

Male power

Sono l'unica donna in un ufficio di uomini. Hanno tutti molta fiducia in me e nelle mie capacità. Per esempio, ritengono che io sia la sola in grado di cambiare il rotolo della carta igienica, quando esaurita. Questa attestazione di stima nei miei confronti mi riempie di gioia....

mercoledì 12 dicembre 2007

In tempo di pace, in tempo di guerra


Ieri sera ho caricato in macchina la mia mamma e siamo andate a teatro a vedere un vecchio spettacolo di Ascanio Celestini, Radio Clandestina. Questo piccolo uomo dalla lunga barbetta caprina e dagli occhi vispi e anche un po' spiritati, da solo, su un palcoscenico nero e vuoto, ci ha raccontato di vicende legate all'eccidio delle Fosse Ardeatine, partendo dalla Roma capitale d'Italia di fine ottocento, che costruiva i suoi palazzi e le sue periferie, perchè il racconto di quello che successe quel 24 marzo 1944 può durare un minuto, o anche solo venti secondi, oppure una settimana. E lui ce ne ha raccontati di fatti, per due ore intere. Non ci ha presentato un documentario alla Minoli, ci ha semplicemente parlato, narrandoci i racconti che altri, quelli che li hanno vissuti quei momenti, gli hanno fatto. Io avevo mia madre accanto, e l'ho vista assentire o scuotere la testa, e l'ho sentita sospirare. Lei a quei tempi c'era, anche se era una bimba. Lei quelle atmosfere, quei momenti, li ha vissuti. E i racconti che sentivo recitare sul palcoscenico erano, caso strano, fin troppo simili a quelli che mi facevano i miei nonni e le mie zie, e mio padre insieme a loro. Io ho sempre amato ascoltare i "grandi" che raccontavano. La mia zia Erarda, scomparsa da poco, mi raccontava delle fughe precipitose sotto i bombardamenti per raggiungere i rifugi, con mio cugino al collo e mio padre trascinato per mano, e mio padre mi raccontava la paura, la fame di un ragazzino il cui padre era stato deportato in Germania senza che di lui si avessero notizie di qualsiasi genere, e l'angoscia che vedeva negli occhi di sua madre, ma anche la meraviglia provata per la parata delle truppe alleate che entravano nella piazza del Zitadòn con i carrarmati preceduti, cosa incredibile, da uomini pelosi con la sottana a squadarzòni che suonavano le cornamuse, col mazziere in testa a dare il tempo, e la mia nonna materna, moglie di carabiniere ma vera marescialla della famiglia, a raccontare di quando a Ventimiglia le camicie nere portarono via il mio nonno nel cuore della notte, in mutande, e il racconto è lo stesso che fa mia madre, che si stampo' l'esperienza nella mente anche se aveva solo quattro anni. Era la stessa bimba che rise della sorpesa sbigottita della bisnonna Gemma quando scoprì che i militari inglesi giunti a liberare Salsomaggiore e che erano in realtà indiani dell'India, sotto turbanti chilometrici nascondevano (oh, che scandalo!) chilometriche capigliature legate a codino perchè, quando morivano, fosse più semplice per Visnù afferrarli per i capelli e portarli nel loro paradiso. E infine Attilio detto 'ttiglio d'Marlòtt, il mio nonno paterno, deportato in campo di concentramento, che per mille e mille volte ha iniziato i pranzi di famiglia delle feste con il suo: ah, i caplèt! Cuand ca s'era in Germagna....e via con racconti che a noi, bimbi a quel tempo, sembravano sì terribili ma, tutto sommato, incredibili.
La platea, ieri sera, era piena. Moltissimi i giovani, pochi gli adulti, pochissimi gli anziani. Chi ha vissuto quei tempi preferisce non ricordarli, chi negli anni ne ha raccolto le testimonianze ne schiva di nuove, con una sorta di supponente sufficienza. I giovani, i ventenni di oggi, a quanto sembra vogliono sapere come sono andate le cose, vogliono che qualcuno perda il suo tempo per raccontar loro che cosa succedeva in quei tempi. Ieri sera, non erano lì perchè Celestini è, ormai, un volto televisivo. Sono venuti a teatro per sentirlo parlare, in un silenzio carico di attenzione, perchè nel suo racconto, ci credono. E' come una sorta di Auctoritas. Agente della trasmissione di conoscenze e di esperienza. Perchè, che lo vogliamo o no, tutti noi cresciamo seduti sulle spalle di quelli che ci hanno preceduti. Tanto vale imparare da loro per fare meglio ciò che di bello han creato, per non rifare gli stessi errori. In tempo di pace, perchè non ci sia più un tempo di guerra.

lunedì 3 dicembre 2007

Giornata di....

Insomma, è lunedì. Il lunedì è normalmente una giornata di m...., e quella odierna non sfugge a questa legge. E' brutto tempo, c'è freddo, sono in ufficio ed è il primo lunedì del mese, il giorno più pesante che possa esserci...
Questo è un post rinvigorente, antidepressivo, stimolante per lui e per lei. Buona giornata a tutti.