lunedì 24 dicembre 2007

Pranzi

Già da qualche anno, il giorno di "Santostefano" ho preso la simpatica abitudine di invitare a pranzo tutti i miei parenti (e sottolineo miei, quelli di Herrkomm sono stati esclusi ab initio. Secondo me, han fatto come la regina d'Inghilterra, si sono cambiati il cognome. Una volta si chiamavano Addams). Tra fratelli, nipoti, zie, una nonna, una mamma e affini vari, saremo circa diciotto. Mia madre sta facendo cappelletti da una settimana, e io mi sto arrovellando il cervello per definire un menù che rispetti la tradizione di casa senza per questo dover fare sempre le stesse cose.

Il punto fermo è, rimane e sempre sarà il cappelletto. La ricetta di casa mia, che definire pura zitadonese sarebbe un azzardo, è ben più saporita e colesterolemica rispetto al cappelletto dell'Artusi. E' un trionfo di carni e formaggi, spezie dosate con sapienza e deve essere sapida ma non troppo, per non sopravvalere il sapore del brodo di cappone (ripieno..). Dentro la sfoglia, rigorosamente tirata a mano e non troppo sottile (che quella la lasciamo alle tajatelllle di Alberto Tomba, tanto per quello che ne capisce lui...), familiarizzano il petto di pollo con la braciola di maiale e la mortadella, ma solo quella che abbia fatto parte di un insaccato grande quanto me, perchè quelle piccole non san di niente, e la ricotta di Romagna, assolutamente freschissima, dà di braccio al Parmigiano ben stagionato. Il tutto trova la sua ragion d'essere nella sapiente dose di noce moscata, sale, pepe e buccia di limone grattugiata che insaporisce il compenso. Il bello della "dosatura" di questi ultimi ingredienti è che bisogna procedere (eheheh!!!) a una lunga serie di assaggi. Il sapore del compenso deve conformarsi perfettamente a quello che viene conservato nella propria memoria, un po' come quando si accorda una chitarra. La discussione prandiale verte quindi non già sulla qualità del cappelletto -quelli di mia madre raggiungono sempre l'eccellenza...- ma sulla grandezza. Mentre Nonna Angioletta sostiene una sorta di supremazia dell'anolino che non trova consensi di alcun tipo, HerrKomm proviene da una famiglia per cui il cappelletto più è piccolo, più è buono. Giudizio diametralmente opposto vige in casa mia, e il diktat proviene direttamente da nonno 'ttiglio, il quale sentenziava: Par magnè un caplèt bon, u'ì vo' tri morsg (traduzione della pagina 777: per mangiare un buon cappelletto, ci vogliono tre morsi). Io (e qui si vede che la genetica è una scienza esatta!) sono d'accordo, perchè col cappelletto grande devono essere perfetti il brodo, la pasta e il compenso, in una sorta di grande sinfonia della pasta ripiena...
Altra disquisizione di rito per il pranzo di Santostefano, la mostarda di Cremona. Non esiste più la mostarda di frutta di una volta. In genere troppo dolce, praticamente mai abbastanza senapata, la varietà dei frutti sempre più scarsa. Normalmente, pochi fichi, pochi mandarini e poche ciliege, qualche volta un esecrabile pezzo di ananas; si trovano quasi solo pesche e albicocche, e la quantità del sugo è generalmente scarsa. Pero', vedo che non ne rimane mai... immancabile è il racconto della nonna marescialla, che parte col ricordo della mastellina di legno col suo mestolo, pure quello in legno, che colmi della loro colorata ricchezza facevano bella mostra di sè dal droghiere Tiziocaio, che riservava alla mia mamma l'assaggio della ciliegina di rito. Qualcuno conosce una mostarda che sia davvero piccante? Manco a Cremona l'abbiam trovata....
Insomma, è ora ch'io vada a farcire il cappone, 'chè la pentola lo chiama. Buon Natale! Buon Natale a Sepia e Candide e Amelia. Auguri a Pita, perchè il suo personale inferno le consenta presto di uscire fuori a rimirar le stelle. E auguri a tutti voi, perchè chi ha avuto un brutto 2007 veda la fine di tutti i suoi guai, e chi ha avuto un vecchio anno ben soddisfacente, abbia un 2008 veramente sfavillante.
Auguri!!!

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