venerdì 26 giugno 2009

Incontro di cori 2009

Noi coristi, ci si trova il venerdì, che da sempre è il giorno della settimana dedicato alla Passione. Passione sì, ma…. in che senso? Nel senso di patire e sopportare, oppure di necessario soddisfacimento di un bisogno, prim’ancor che del corpo, dell’anima e dell’intelletto? Cos’altro potrebbe accomunare trentacinque ugolette pellegrine se non la passione ? Cosa, se non questo sentimento che, trasformandoci da individui ad accordo mistico, ci turba l’animo affinché siam spinti all’azione canora, invece di accontentarci di ascoltare passivamente la Callas nella rassicurante penombra del nostro soggiorno- parlo di Callas nella migliore delle ipotesi, perché si narra di coristi che, negli ascosi androni delle proprie docce domestiche si dilettano a improvvisarsi Triolescano o Quartettocetra, con esiti spesso nefandi? Che cosa ci spinge a cercare di non saltare la prova quando sia certa l’esecuzione di uno o più brani del Repertorio Nazionale (o, come diciamo noi, Nazionalpopolare)? Parliamoci chiaro. Nessuno di noi è Santo, e a nessuno di noi un eventuale Psichiatra ha ordinato di seguire la famosa cura del “canta-che-ti-passa”. Però ci sentiamo profondamente coristi, facenti parte di un gruppo che la musica la sgranocchia con lo stesso piacere con cui Eta Beta mangiava naftalina. C’è chi si muove da distanze siderali per raggiungere la Sede e c’è chi alla prova arriva sempre in spaventoso ritardo, ma arriva. C’è chi si sente autorizzato non a cantare ma ad emettere solo una serie di borborigmi neanche tanto a tempo e chi freme nella paziente attesa che la sezione “avversaria” sbagli un attacco per profondersi con maligna soddisfazione in un “ma non è colpa nostra, sono i contralti che non han preso la nota!”. C’è chi controlla l’altezza non delle note sul pentagramma ma di certuni tacchi di scarpa, così come talvolta si scorge un osservatore non dell’ampiezza di una pausa musicale bensì di talune scollature. Insomma, di passionaccia insopprimibile si tratta, almeno per quanto riguarda noi che cantiamo. E per il nostro direttore? A volte, osservandolo mentre si gratta sconsolato la capoccia nel bailamme della prova, mentre due soprani chiacchierano tra loro, un tenore si lamenta, un basso risponde al telefono e un contralto si lancia in una furibonda invettiva contro il programma scelto, penso che non nutra la stessa passione di coloro che dirige , ma sia a lui motore quella con la P maiuscola, quella di chi, per amore e solo per amore, sopporta con infinita pazienza le pene provocategli dall’indisciplinata comitiva di sgagnolatori che ha di fronte nella certezza che, una volta o l’altra, si giungerà alla meritata delizia di un’esecuzione fortunosamente perfetta. Come dire: il Magister , lui sì che è Santo. Santo subito!

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